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con una specie di stupore, gli archi gloriosi e i colonnati carichi di secoli della città immortale. E me lo disse. Quanta poesia spandevan su per il monte di Santa Brigida le voci armoniose di quei due ragazzi! Che favolosa mutazione s’era compiuta! Eppure, il sangue sparso dai soldati di Vittorio Amedeo su quella vetta aveva giovato anch’esso al compimento del miracolo che la presenza di quei due figliuoli di Roma significava. Certo, quei soldati del diciassettesimo secolo non avevan creduto di battersi per l’Italia; s’eran battuti per devozione al loro principe, per l’onore delle armi, per amore della propria provincia. Ma eran quelli i sentimenti e quelle le tradizioni da cui nasceva due secoli dopo, fecondata dalle nuove idee, l’audacia patriottica del Piemonte e la popolarità italiana di casa Savoia. La forza nazionale di Torino del 48 e del 59 derivava in gran parte dalla coscienza di quel passato. Santa Brigida era anch’essa un’avanguardia lontana di San Martino. Il sangue sparso al Pilone della Morta si univa per una sterminata striscia vermiglia al sangue versato a Porta Pia. Non mi si destavano quelli stessi pensieri all’udir la voce di Roma sul campo di battaglia di Amedeo?

Sì, gli stessi pensieri mi si destavano. Ma pensavo pure, arrivando sul colle di San Maurizio e osservando lo sguardo quasi di gratitudine che girava il maggiore sui dintorni, pensavo alla efficacia grande e benefica del valore, che ingentilisce e innalza ogni cosa. Era la memoria d’un valoroso che, dopo due secoli, rendeva simpatico a me uno straniero, e faceva