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66 | alle porte d’italia |
cia! Ah, non mi è permesso di fare un viaggio a Venezia! Ah, maniga d’baloss! Pigliatevi queste, per ora.
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— Con tutto questo, riprese il maggiore, quasi seguitando il filo del mio pensiero, — quando non s’ammazzavano, si usavano mille cortesie delicatissime. Che ne dite del duca di Savoia che lascia libera ai francesi la corrispondenza postale fra la città assediata e Casale, e che manda il suo fido conte di Groppello, travestito da bifolco, a consigliare al Tessé di far scendere il Catinat dalle montagne, per dare a lui, Amedeo, un pretesto onorevole di non bombardare Pinerolo? — La più bella, per altro, la più grandiosa, la più buffa io non la sapevo: una lettera del Tessé al San Tommaso, prima che Amedeo arrivasse al campo: Sento che Sua Altezza reale deve giungere. Vorrei far qualche cosa per il suo ricevimento. Suggeritemi voi. Vi offro intanto tutto quello che posso. Sua Altezza vorrà passeggiare, passare in rivista il suo esercito. Ditemi da che parte andrà: abbiamo molti cannoni appostati; ordinerò che non tirino da quella parte, nè cannoni, nè archibugi, perchè l’Altezza Sua non abbia la minima noia. Sta bene? Si può essere più amabili? — Che maravigliosi burloni! — conchiuse ridendo il maggiore, e si sarebbero squartati coi denti.