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Grazie alla cortesia del signor Todros, potemmo entrare nel giardino, e salire sulla torre della villa. Lassù il De Beaulieu mise fuori una di quelle voci lente e prolungate di stupore con le quali si suole accompagnare il volo circolare dello sguardo lungo gli orizzonti d’un panorama meraviglioso. Subito lo colpì quella bella conca ridente di Cumiana, che vien fuori inaspettata dalla parte sinistra, col suo semicerchio di monti boscosi, coi suoi poggi coronati di chiesuole, colle sue borgate che fan capolino fra le macchie. — Dove sono i boschi della Volvera? — mi domandò. — Ah, so quel che cerchi! — pensai. Ma non ebbi il tempo di fargli l’indicazione. Egli conosceva meglio di me tutto quel vastissimo teatro del grande attore Catinat. — Voilà Piossasco, je crois, — esclamò, accennando giusto. Là era la chiave della battaglia di Marsaglia, il monte San Giorgio, a cui aveva appoggiata l’ala destra il generale francese, facendo fronte al principe di Commercy, che fu poi il primo sbaragliato. Eugenio era nel centro, Vittorio Amedeo nei boschi di Volvera; tutti furono sfondati e travolti. Una miseranda giornata, mondo ladro. Il maggiore non disse parola; ma vidi che, richiamato senza dubbio dall’analogia dei ricordi, cercava dall’altra parte la città di Saluzzo, e quindi la pianura di Staffarda. — Cercate il campo delle vostre vittorie, — gli dissi. E lui, pronto, da vero