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il forte di santa brigida 61

tempestati di rosolacci, d’ombrellifere bianche, di ranuncoli, di giunchiglie, di fiori di smirnio, di pervinche, folti come i fiori di una aiuola, e frammisti a una quantità di pianticelle odorose che, toccate passando, spandono aromi acuti lungo i sentieri. Sedemmo per pochi minuti in mezzo agli alberi, e riposando là in quell’ombra quieta, in mezzo a quei profumi, refrigerati da un bicchiere d’acqua ghiaccia bevuta al pozzo d’una fattoria vicina, accarezzati da un’aria fresca e morbida che ci entrava tra i panni e ci girava intorno alla vita e alle braccia, pensammo tutti e due a quei poveri soldati che in quei medesimi giorni di agosto, a quella stessa ora, cento ottantasei anni addietro, attraversavano correndo quello stesso spazio di terreno, allora nudo come un deserto, arroventati dal sole, trafelati, sfiniti, stravolti, inciampando nei cadaveri sbudellati dei loro compagni, sotto una grandine di palle francesi, mezzi morti di fame e di sete; là, a centinaia e centinaia di miglia dai proprii paesi e dalle proprie famiglie, di cui non avevan notizia da molti mesi, e che non avrebbero saputo nulla della loro morte; poveri strumenti ciechi di grandi ambizioni che non capivano, povera carne da mortai, sospinta a marce forzate da un capo all’altro d’Europa, frustata, macellata e dimenticata! Povere creature umane! — Ma perchè non avete messo un ricordo quassù? — mi domandò il bravo maggiore: — una pietra con quattro parole almeno?