Pagina:Alle porte d'Italia.djvu/411


dal bastione malicy 397

passeggiata. Poveri vecchi! Passando sotto il terrazzo, quelli che possono, alzano il viso; e allora posso dire anch’io che “quaranta secoli mi contemplano.„ Par che tornino da una battaglia. Vengono prima gli uomini, delle facce d’arancie seccate sopra le caminiere, dei corpi segaligni, nodosi come le calocchie, dei nani sbilenchi che paiono usciti di sotto un torchio, delle anime lunghe che spenzolano da tutte le parti, delle figure bizzarre, in cui non si raccapezza più la fisonomia, e rammentano i famosi struldbruggs di Laputa, condannati alla decrepitudine eterna, nel libro del Gulliver; delle andature che presentano insieme tutti i ciondolii e tutti i tentennamenti d’un mazzo di marionette tenuto dalla mano d’un paralitico. Quanto trista e maligna è la natura a imporci insieme a quel modo l’ilarità e la compassione! Poi vengon le povere donne, dei cubi, delle piramidi equilatere, delle esse, degli otto, dei visi pelosi e infunghiti; fra i quali pure si riconoscono degli occhi pieni di benevolenza e di dolcezza, che esprimono ancora un amore lieto della vita, e promettono ancora delle buone azioni, dei piccoli sacrifizi utili a qualcheduno. Ma chi mi dà a pensare più di tutti è uno sbilungone tutto rotto, vecchio come il primo topo, con una barba che pare un granatino sudicio, una faccia buffa, che dev’essere il bell’umore della compagnia, che racconta sempre qualche cosa, con una voce di trombone affiochito, degli aneddoti lepidi, da quanto sembra, perchè provoca intorno delle risate faticose, degli scotimenti di gobbe, degli accessi di tosse, dei milioni di