Pagina:Alle porte d'Italia.djvu/406

392 alle porte d'italia

aria, giocando a chi sputa più lontano. E stan li delle mezz’ore, a contrattare il baratto d’un bottone, d’un chiodo, d’un osso di pesca, d’un cencino rosso, facendo un chiocchiolìo interminabile per ogni uccello e per ogni cane che passa, finchè delle voci minacciose li chiaman per nome di lontano; e allora si sparpaglian tutti ciabattando, ranchettando e ballonzolando, fuorchè uno o due, le anime perse della compagnia, ribelli a ogni legge umana e divina; i quali rimangono appoggiati al muro in atteggiamento affettato di noncuranza, succhiando i mozziconi dei miei virginia.



Più tardi passano delle coppie d’amanti rustici; delle ragazze tozzotte, con due tendoni di capelli lustri appiccicati alle tempie, e con un nastrino di velluto nero intorno al collo; dei giovani col cappello a cencio e coi calzoni alla francese. Quando arrivan lì, credon sempre di esser soli. Guardano bene intorno, molte volte; ma, poveri giovani! al solito non si ricordan mai di guardare in alto. E poi che si può vedere, con quegli occhi in solluchero? Le teste si chinano sulle spalle, le braccia girano intorno alle vite.... e il fotografo, dal terrazzo, conta i minuti secondi. Qualche volta c’è degl’indiscreti, e allora le ragazze piegano indietro il busto tutto d’un pezzo, come popattole spezzate alla cintura, e ributtano i nasi temerarii con dei colpi di ventaglio da cavare il sangue; e i bat-