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dal bastione malicy | 389 |
nitriti violenti, con quelle grida giovanili d’ufficiali, per cui la vita incomincia: — Aaaaavanti! Caaaaricate! — grida alle quali tien dietro la pesta precipitosa di cento cavalli sfrenati.
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Poi seguon dell’ore di silenzio e di solitudine, e allora il mio spettacolo preferito è una casetta rustica, lì accanto, abitata da una piccola famiglia: una vecchia vedova, che fa la lattaia; un suo figliuolo, che lavora da muratore; la moglie del figliuolo, che fa la balia, e una ragazzetta, figliola della vecchia. Tutto il loro avere è un pezzetto di prato e un par di vacche. Campan di nulla, e paion contenti. La sposa è una trovatella, presa bambina dalla lattaia, e allevata da lei. Il figliuolo se ne innamorò e la volle. L’adorano tutti. È allegra, canta dalla mattina alla sera, col suo bacherozzolo in braccio. Io tengo dietro a tutte le loro faccende e conosco tutte le loro abitudini. Quando ritorna dal lavoro, il figliuolo conduce le vacche nel prato, e così, per spasso, gira il braccio intorno al collo ora all’una ora all’altra, mentre è chinata che pascola, le arrovescia la testa in su, e la bacia nel muso amorosamente. Sull’imbrunire, mangiano una minestra, seduti davanti all’uscio. Dopo cena, gli sposi fanno una passeggiata di trenta passi, fino al bivio, dove rimangon un po’ di tempo appoggiati al muro, a guardare i monti. Rincasano; brilla un lume a una finestrina per un quarto d’ora; poi si spe-