Questi son di buon umore! — esclamò il Rogelli. — Non c’è caso che lascin languire la conversazione al bivacco o morire il canto per via. E una destrezza a menar le forbici! Ma da ragazzi di garbo, senza forare la pelle. Hanno il folletto in corpo. È uno spasso. — La folla li assordava d’evviva, essi sorridevano. Si pronunziavano da ogni parte, come nomi d’amici, i nomi dei loro paesi, così noti e simpatici a tutti; e la prode Conegliano passò, con le sue torri e i suoi cipressi, bella come un sogno di pittore, e quel beato angolo di terra di Valdobbiadene, quasi diviso dal mondo, e i colli di Montebelluna, sparsi di ville, vestiti di pampini, irti di frutteti, e l’adolescente Vittorio, chiusa fra le braccia dell’Alpi. — Ah signori, Asolo! — esclamò la signora Penrith, appuntando il dito bianco sulla tabella di reclutamento. — Pensare che ci saranno dei soldati di Asolo! Cugino, indicatemi i soldati d’Asolo! — Questo superava la percezione e la presunzione anche del Rogelli. Ma la signora non insistette, che già l’aveva portata l’immaginazione all’Asolo del cinquecento, davanti alla pomposa Regina di Cipro, seduta all’ombra dei baldacchini di broccato d’oro, in mezzo a una corona di letterati e di principi; e udiva le grida delle cacce e delle giostre, e come la musica lontana di quel breve regno gentile. — Viva Treviso! — gridò la folla. — Viva Conegliano! — Viva l’amorosa marea! — gridò il Rogelli. — Signori, vent’anni sono, in questo medesimo giorno, entrava in Treviso il primo drappello dell’esercito italiano! — Queste per Asolo! — disse la signora, gettando