della Ciaramella, dei tenaci lavoratori delle cave di Bussoleno; dei membruti contadini d’Oulx, nati in fondo a un sepolcro immane di montagne. L’agronomo lanciò un’esclamazione solitaria, ch’era come il frammento vocale d’un soliloquio muto: — Il vino di Chiomonte.... ah lo credo! — Lepide usanze! — disse, come fra sè, il Rogelli. C’eran lì i soldati di Gravere, che quando si presenteranno alla casa della sposa per condurla in chiesa, troveranno sull’uscio una vecchia sformata e cenciosa, la quale vorrà darsi in cambio della ragazza, e ne seguirà un diverbio di commedia, fin che la vecchia butterà una mestolata di riso in faccia al giovane, che scapperà coi compagni ridendo. Quelli di Monpantero, invece, avranno il comodo di poter calcolare la dote delle ragazze dal numero di strisce rosse che portano in fondo al gonnellino nero nei dì di festa. Altri vedranno scappar la sposa di chiesa dopo il sì, e dovranno andarsela a cercare per molte ore, fin che la troveranno in un nascondiglio... che sapranno prima. V’erano nel battaglione anche dei giovani di San Giorio, i quali, nel giorno del Santo Patrono della cavalleria, accompagnano la processione, vestiti d’ogni sorta di carnovalesche divise, brandendo mostruosi spadoni, e battendosi per via, a capriole e a versacci, fin che si ribellano al loro duce, e ammazzatolo, lo copron d’erba, e ne eleggono e portano un altro in trionfo. Chi avrebbe sognato mai quelle fantocciate guardando quei visi composti e quegli occhi fissi! Curiosa gente, a cui le montagne enormi, e i giochi strani della luce e le oscurità spaventose