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i difensori delle alpi 343

paion piovuti dalle nuvole! Tornano dal teatro sbalorditi, si smarriscono per le vie di pieno giorno, corron come matti al suono della ritirata, scantonando a casaccio, presi dalla furia e dall’affanno; e guai alle costole degli urtati! E sempre sospirano l’estate che li ricondurrà alle loro montagne e ai loro parenti; ai quali, nel frattempo, scrivono delle lunghe lettere faticose, su fogli comprati uno alla volta, col soldato alpino sul margine. E intanto il battaglione Val Chisone era passato, e i soldati degli ultimi plotoni si scotevano in fretta dai cappelli e dalle spalle i rododendri e le margherite, che cadevano insieme ai pensieri della famiglia e dell’amante, nel cospetto del Re.



Un’altra indiavolata musica di trombe, un altro battaglione d’atleti rosei, e di nuovo mille grida in un grido: — Ecco i Valsusini. — S’avanzava il battaglione Val Dora, il meglio dei figliuoli della valle famosa, del canale d’eserciti, a cui dà il nome la vecchia Susa, chiave d’Italia e porta della guerra, che vigila le vie del Monginevro e del Moncenisio, e guarda le Alpi Graie e le Cozie. Eran giovani d’ogni parte della lunga valle, dal ventaglio di vallette che s’apre intorno alla fredda Bardonecchia, fino ai bei laghi di giardino, che danno grazia e fama a Avigliana. — Che pezzi di colonne! — esclamò il Rogelli, inorgoglito; — veri pilastri di cattedrale! — Tali erano infatti. Si trovavano là in mezzo degli intrepidi pastori che avevan passato l’adolescenza a guidar pecore fra gli aquiloni che flagellano le cime del Rocciamelone e