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i difensori delle alpi 341

a crepe, a sporgenze leggerissime, a bassorilievi di pietra liscia appena afferrabili, e sotto i loro piedi c’è la morte, e sopra il loro capo una croce; che importa! Dove gettan la mano, è un artiglio; dove piantano il piede, è inchiodato; e mentre chi li guarda trema, essi ridono! — Evviva! Viva! Viva! — gridò con quanto n’aveva in gola. E vedendo che la folla non aveva bisogno d’eccitamento all’applauso, il buon chauvin delle Alpi rimase un minuto immobile, con lo sguardo come smarrito dietro alla fantasia prepotente, che lo trasportava forse nei valloni silenziosi e profondi e nelle grandi foreste di larici e di abeti, da cui eran discesi i suoi “figliuoli.„ Lo riscossero le trombe “laceratrici„ di Val Chisone.



Allora si vide una festa di famiglia bellissima, un battaglione che entrava trionfalmente in casa propria, soldati nati a un passo fuor di Pinerolo, figliuoli della forte Fenestrelle, della ridente Perosa, della bella Giaveno, ricevuti nella loro piccola capitale, dove li aspettavano i parenti, gli amici, le belle, che s’erano conquistati i primi posti tra la folla a furia di gomitate, e che aspettavano da varie ore quel sognato momento: non v’erano d’estranei che quei di Cesana e della città di Rivoli, l’Auteuil di Torino. Si vedevan nella calca molte donne dell’alta valle di Fenestrelle con quegli strani cuffioni bianchi, che paiono grandi elmi di carta; molte di quelle vispe montanine di Pragellato, che nei loro balli tradizionali, a una nota convenuta del violinista, s’arrestano, e danno e pigliano dal ballerino