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e per i colli tutti i soldati che li calpestarono in venti secoli, dai numidi di Annibale agli alabardieri di Francesco I! Sarebbe la benedetta volta che vedremmo il Saint-Mars, spaventato e senza parrucca, precipitarsi dalla Torre del Diavolo nel fossato della cittadella.



Ciò non ostante, come t’ho già detto, io trovo modo di vivere serenamente, grazie alle molte faccende e alla molta lettura. La mia più bella ricreazione è una passeggiata che faccio ogni sera, verso il tramonto, con le poesie del Chiabrera tra le mani; un esemplare prezioso, annotato nei margini, che fu regalato dal poeta stesso al marchese di Caluso, quando fu alla corte del primo Carlo Emanuele. Me ne parto di vicino alla Polveriera, dove sto di casa, attraverso la città bassa; risalgo lento lento per i bastioni di Villeroy e di Richelieu, svolto dal bastione della Corte, e vado a fare, regolarmente, una piccola visita al castello dei nostri principi. Che cosa vuoi? Quel povero castello, unico avanzo delle nostre glorie, imprigionato là fra le casipole, coi suoi merli cadenti e le sue porte sbarrate, che par compreso dal sentimento della sua miseria, mi mette pietà e tenerezza insieme! Il suo silenzio triste mi fa ripensare alle feste e agli amori che lo animarono un tempo, alle ambizioni smisurate che si spennaron le ali fra le sue mura come aquile prigioniere, alle belle principesse d’Acaia che vi