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la marchesa di spigno 277

affezionato a me più degli altri; pensieroso, dolce come un fanciullo; l’anima più onesta, più gentile che abbia mai sognato una madre, aspettando il suo primo figliuolo. Non lo vedevo da molti anni. Ma sapevo che mi ricordava con amore e che non parlava di me senza lacrime. Ed ecco che all’improvviso la guerra irrompe dalla riviera sulle Alpi. L’invasione francese è imminente. I soldati piemontesi accorrono da ogni parte. Pinerolo è in rumore. Passano le milizie provinciali, passano i battaglioni austriaci, passa il primo battaglione del reggimento delle guardie. Le guardie! I soldati che comandava il mio figliuolo. Ne fui avvertita. Li vidi passare dalla finestra per la via della val di Perosa, con le loro belle divise vermiglie. Paolo non potè salire a vedermi. Ma io lo riconobbi, mi parve di riconoscerlo di lontano in mezzo a un gruppo di cavalieri: egli s’era voltato di certo a guardare il monastero dove la sua povera mamma stava rinchiusa da quindici anni. Dio mio! Andava a battersi! Avevano fortificato l’Assietta. Io sapevo bene che le guardie avevan diritto al posto d’onore sul campo di battaglia, che i più gravi pericoli gli avrebbero affrontati loro, che le forze della Francia eran formidabili, e che il mio figliuolo sarebbe stato il primo tra i più temerari. Il mio figliuolo! Se me l’avessero ucciso! La mia povera testa si perdeva. Avevo un triste presentimento. Passai dei giorni con l’anima sconvolta. Le sorelle mi confortavano, pregavano per lui e per me. Le ore erano eterne. Una mattina, tutt’a un tratto, sentii un colpo sordo, lontanis-