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perte; udii morir la sua voce che mi chiamava: Dov’è la marchesa? dov’è mia moglie? Carlotta! Moglie mia! Guardai giù dalle vetrate, vidi una selva di baionette, le lanterne, la carrozza.... Ebbene, sì, feci un terribile voto allora, mi balenò una triste speranza quando intesi il mormorio dei granatieri, indignati di vederlo cacciare in carrozza come un condannato a morte, sotto le pistole dei dragoni, e quando il La Perosa gittò quel sinistro grido: Morte a chi parla! — Desiderai che i reggimenti si ribellassero e lavassero quell’infamia col sangue.... Me le sentii passare sul seno le ruote di quell’orribile legno, quando lo vidi sparire nelle tenebre, come un feretro trafugato. Tutto era finito. Credetti di sognare. Una così nefanda cosa mi pareva impossibile. Mi pareva che avrebbe dovuto crollare il palazzo, aprirsi la terra, sconvolgersi il mondo. Avrei voluto cader morta fulminata. Fossi pur morta! A un altro più tremendo dolore sarei sfuggita. Raccapriccio ancora; il mio cuore fa ancora sangue e fuoco a quel ricordo. Nella fortezza di Ceva m’hanno portata! Sì, gran Dio. Una gentildonna onorata, la moglie del vecchio re, la sposa di Vittorio Amedeo, nella fortezza di Ceva; vigliacchi!.... in mezzo alle prostitute!

— Tutti ricorrevano a lei, — mormorava intanto la superiora; — ella beneficava e confortava tutti. Alle porte del monastero veniva ogni giorno una folla di poveri, che se n’andavano sempre via benedicendola. E non dava solamente soccorsi in denaro. Scriveva lettere di raccomandazione ai parenti e ai conoscenti lontani,