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264 | alle porte d'italia |
gresso lento e costante d’una malattia della mente, che doveva finire, che finì con l’insensatezza, e per cui sarebbe stato inutile, se non sarebbe stato peggio, qualunque mio tentativo di persuasione? Certo, io ho desiderato che abbandonasse il soggiorno di Chambèry, perchè vedevo che quella solitudine lo rattristava, che quell’aria non gli giovava, e che in quel viver così soli noi due, io andavo perdendo il suo affetto, e affaticandolo quasi con la mia presenza. Io ho desiderato, e l’ho consigliato nei primi mesi ad accogliere le offerte di Carlo Emanuele, e a ritornare in Piemonte. Ma consigliarlo a cacciar dal trono il figliuolo, a turbare il suo popolo, a versare del sangue, a compromettere la mia patria, io, per essere regina, a cinquantadue anni! e una regina accagionata di mille mali, invisa ai miei sudditi, odiata dalla corte, disprezzata dai miei pari, maledetta dal futuro re! E regina per quanto tempo? E poi? E voi l’avete creduto? E mille e mille l’hanno potuto credere? E quasi tutti lo credono ancora? È un’ingiustizia! Io ho l’anima pura di questa colpa, lo grido al mondo! ne attesto il cielo! lo giuro per la memoria de’ miei figliuoli!
— Si valse sempre della sua autorità a vantaggio del monastero, — continuava dolcemente la superiora; — in molte occasioni ci ottenne dei favori e delle protezioni. Aveva conservato la sua ricca dote; spendeva largamente perchè le feste religiose si celebrassero con pompa. Si adoperò molto, fra l’altre cose, per la canonizzazione della nostra Giovanna Chan-