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sotto il balcone reale, in quella piazza Castello dove erano stati bruciati i loro padri. — Sono stati per troppo tempo gli ultimi, — disse; — è giusto che oggi siano i primi. — E passarono i primi tendendo le braccia verso il loro re, salutati da un altissimo grido della moltitudine, circondati, baciati, apostrofati con parole in cui si sentiva il tremito di chi domanda perdono, e a cui essi rispondevano con le lagrime agli occhi, con gesti concitati e gioiosi che volevan dire: — Non abbiamo nulla da perdonare, non ci ricordiamo più di nulla, siamo fratelli, abbiamo una sola patria, un solo nemico, un solo avvenire! — Oh bei momenti della vita dei popoli, belle ore gloriose del cuore umano, pagine d’oro della storia della civiltà, siate ricordate, amate, benedette in eterno! E benedetta tu pure, bella e nobile val d’Angrogna, che negli annali della grande guerra per la libertà dell’anima hai scritto col sangue dei tuoi pastori una parola vittoriosa e immortale.