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244 le termopili valdesi

vidia. Sì, quel buon pastore m’era così simpatico, il suo aspetto e la sua voce eran così dolci, mi ridestavano così vivamente nel cuore dei sentimenti, o piuttosto degli echi di sentimenti morti o sopiti da molti anni, che se fossi stato solo con lui.... non so, gli avrei forse preso la mano come a un amico, e gli avrei detto: — Vediamo.... parli.... mi persuada.... il mio cuore non è mai stato così ben disposto a sentire, e mi pare che non ci sia più altra voce che la sua da cui io possa ancora sperar qualche cosa.... — - Chi sa mai come m’avrebbe guardato, che cos’avrebbe risposto, in che maniera, con quali parole incominciato? Io mi facevo queste domande, fissandolo, quando egli s’alzò, per condurci sul piazzaletto del tempio, dove giocavano alcuni bambini valdesi. Proprio sotto, ai piedi della rocca, c’è la chiesetta cattolica, consacrata alla Madonna delle Grazie e a San Carlo, scolorita e triste dirimpetto al tempio nuovo, variopinto e trionfante, e pareva che l’uno e l’altra si guardassero minacciosamente con l’occhio del loro finestrino rotondo, quella per slanciarsi all’assalto, questo per farle fare il ruzzolone. Dio buono! Quanto parevan piccini, in fondo all’abisso, ai piedi di quelle grandi montagne, quei due mucchietti di pietruzze, ciascuno dei quali diceva all’altro: — Io son più vicino al cielo di te! — Ma bastava dare uno sguardo in giro, sui pochi contadini valdesi e cattolici, che passavano, per accertarsi che non c’è più lotta se non fra le facciate dei due edifizi. Passavano lentamente e a lunghi intervalli, salutandosi con un cenno del capo, uomini e donne, con gli strumenti