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240 le termopili valdesi

accorrevano da ogni valle le famiglie, e gli avanzi delle famiglie, e ci stavano dei mesi, come rannicchiate, campando d’erbe e di latte. La compagnia degli archibugieri volanti, coi suoi due ministri, ci si raccoglieva dopo le sue audaci spedizioni. Ci avean costrutto delle case, dei forni, dei magazzini, dei mulini; ci fabbricavan delle picche, ci fondevan delle palle. Migliaia di persone lavoravano, pregavano, s’esercitavano alle armi, portavan le pietre e i tronchi d’albero alle barricate, salivan sulle vette a spiare il nemico. Era come un formicaio, un rimescolio continuo di gente agitata senza posa dal terrore, dalla speranza, dalla gioia della vittoria, dal presentimento dell’ultima sventura. Perchè vedevan tutto di qui: vedevan le colonne nemiche venir innanzi sulle creste nude dei monti, scintillando ai raggi del sole, e discendere lentamente; e i Valdesi salir di nascosto, ad assalirle di fianco; vedevan le mischie, sentivan le grida, contavano i caduti, stavan là sotto immobili ad aspettare la fine dei combattimenti che per loro poteva esser la prigionia, la dispersione, la perdita dei figli, la tortura, la morte. Con che forsennata gioia si dovevano slanciare incontro ai loro difensori, quando precipitavan giù vittoriosi, buttando sulle rive del torrente delle bracciate d’alabarde, di corazze, di morioni, di uniformi, di pennacchi, fra cui rotolava qualche volta la testa d’uno dei loro feroci persecutori! Di notte, nel cuor dell’inverno, dopo fughe piene di pericoli, arrivavan qui delle frotte di fuggiaschi, a cui l’orrore degli eccidi veduti toglieva per molti giorni la parola: ar-