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le termopili valdesi 223



Intanto eravamo arrivati nel fondo della valle. Qui, una maraviglia di bellezza. Il torrente vien giù, grosso, rotto da pietroni enormi, a salti e a sprazzi, come scendendo per una scala informe di roccia, e occupa quasi tutto il letto della valle. Di qua e di là si levano quasi a picco i monti altissimi, rocciosi, boscosi, orridi, quasi neri, dalla parte dell’ombra. Par di essere in fondo a una grande crepa della terra: bisogna torcere la testa in su per vedere il cielo. Il luogo è maravigliosamente sonoro. Alle cento voci del torrente s’unisce il rumorìo vario e assordante d’un’immensa quantità d’acqua che vien giù dalle montagne. Grossi rigagnoli limpidissimi corrono lungo la strada con l’impeto di torrentelli contenuti a stento fra le sponde; dentro ai massi, qua e là, s’aprono delle piccole grotte nere, dove cadono miriadi di stille, che risonano nei laghetti di sotto, formando per aria dei brevi arcobaleni e svegliando degli echi sommessi, da cui par di sentirsi chiamare, passando; da tutte le chine scendon larghe vene d’acqua, le quali si rompono e si sparpagliano in ruscelli rumorosi, in cascatelle sonanti e spumeggianti, che biancheggian tra il verde, su in alto, quasi sul capo di chi passa, da ogni parte; altri ruscelli più alti, che par che caschin dal cielo, si slanciano con grida di gioia infantile dalla sommità delle alture; delle fontanelle solitarie mormorano fra i ma-