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le termopili valdesi 209

cia, saltando di macigno in macigno, con la sicurezza di un pastore antico, esercitato alle battaglie dei monti.



Ripigliammo la via della valle, udendo per un buon tratto la voce del felice angrognino che cantava l’abbietta zingara del Trovatore, e passammo sopra a un torrente, chiamato Vengie, quasi nascosto dalla vegetazione, che riempie il suo vallone ripidissimo; il quale forma una prima linea di difesa di val d’Angrogna contro l’assalitore che venga da val di Luserna. Da una parte del torrente s’alza una enorme roccia diritta, simile al piedestallo d’un monumento titanico, alla quale si lega una leggenda graziosa. Una volta all’anno, dicono i valligiani, tra la mezzanotte e il tocco, una vecchia sta sulla cima di quella roccia a filare, lasciando spenzolar giù il fuso, che dondola, girando, nelle tenebre. Il giovane che passa di là, è chiamato, perchè cerchi d’afferrare il fuso, alla cieca: se l’agguanta, la sua felicità è assicurata; canterà anche lui per tutta la vita, come quel tale fortunato. Ma non è la sola cosa notevole del luogo, quella roccia. Il torrente Vengie divide in due parti il territorio della parrocchia d’Angrogna; e questo è curioso, che di qua e di là, a pochi passi di distanza, si parlano due dialetti notevolmente diversi; l’uno, quello della parte bassa, più simile al dialetto del Piemonte, l’altro con molto maggior fondo