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le termopili valdesi 205

a pregare; stato distrutto dai monaci, poi riedificato, servito di caserma ai soldati del marchese di Pianezza, che s’accamparono là attorno; ed ora ringiovanito e tranquillo per sempre. Il signor Bonnet ce lo mostrò con una certa espressione d’affetto e d’alterezza, dicendoci del lungo ordine dei pastori, alcuni martirizzati ed altri morti di peste, che l’han preceduto fra quelle mura per il corso di quasi quattro secoli; e quella sua voce dolce e armoniosa, quelle memorie di pastori antichi, quella solitudine verde tutt’in giro, e il canto infaticabile di quell’operaio che si spandeva per la valle silenziosa, ci facevano un’impressione singolare, come d’un angolo del mondo lontanissimo da quello abitato da noi, e ignorato da tutti, in cui si godesse ancora la pace delle età primitive. Il pastore ci propose d’andar a vedere la Ghiesia d’la tana; la chiesa della tana, una delle meraviglie della val d’Angrogna. — Sono alpinisti? — domandò. — A ore perse, — risposi. — Perchè bisogna rampicare, — soggiunse. E si mise a salire per il primo, con la sveltezza d’un montanaro.



Era una caverna che serviva di chiesa e di rifugio ai Valdesi al tempo delle persecuzioni. Se non si sa dov’è, è quasi impossibile trovarla. Dopo dieci minuti di salita ripida su per un terreno erboso e fradicio, vedemmo un ammasso di roccie, nel quale però non appariva