Pagina:Alle porte d'Italia.djvu/183


la ginevra italiana 169

bolla della scomunica dalle mani di Torquemada. E fu questa la sola vista che turbò un momento, per noi, la quiete serena di Torre Pellice. C’era in ogni parte un’operosità tranquilla, e come un buon odore di vita ordinata e raccolta; l’apparenza d’un paese in cui non fosse mai stato commesso un delitto, nè seguito un tumulto o una sventura pubblica, e dove i carabinieri stessero in villeggiatura.... A proposito: la passeggiata pei dintorni, naturalmente, la riserbammo a più tardi: la nostra prima visita fu per il vice brigadiere Gamalero.



Domandammo di lui all’albergo; ci dissero che faceva il garzone da un liquorista! Andammo dal liquorista. C’eran tre uomini seduti a una piccola tavola, in una piccola stanza, in mezzo ad una nidiata di bimbi. Dissi subito: — Dev’esser quello là; — non si poteva sbagliare. Egli ci portò il vermut. È veramente una figura da carabiniere piemontese dell’antica stampa; alto, membruto, d’aspetto grave, quasi cupo, con due grandi occhi scrutatori e i baffi grigi. È vicino ai settanta, ne dimostra dieci di meno: si capisce alla prima occhiata che doveva avere una forza erculea, e che l’ha conservata quasi tutta. Gli domandammo se voleva venire all’albergo dell’Orso a bere un bicchiere con noi, e a raccontarci il famoso arresto. Rispose di sì, senz’altro, come se fosse una cosa già convenuta, e fece subito un’uscita da vecchio carabi-