Pagina:Alle porte d'Italia.djvu/180

166 alle porte d’italia

quell’aspetto particolare d’austerità benevola, vestiti di abiti neri, coi capelli lunghi e ravviati, coi visi lisci e placidi, composti senza affettazione, e come serenamente pensierosi. Apparivano pure, qua e là, degli ecclesiastici stranieri, delle canizie biondeggianti, dei visi ascetici, d’una carnagione di altri paesi: ministri protestanti degli Stati Uniti forse, o d’Australia; un pastore di Livonia, si diceva che ci fosse, e dei membri della chiesa riformata del Capo di Buona Speranza. Era uno spettacolo curioso a vedersi, in quella borgata nascosta fra i monti, tutta quella gente così diversa d’aspetto, di modi, di linguaggio da quella che si vede in tutti i paesi vicini. Pareva di ritrovarsi in mezzo a una di quelle grandi carovane di viaggiatori, messe insieme dagli impresari di viaggi internazionali, la quale non fosse discesa a Torre Pellice che per far colezione, e dovesse ripartire fra pochi minuti per ripassare le Alpi e risparpagliarsi per l’Europa. Tutti s’avviavano verso il paese, a passo lento, discorrendo pacatamente; e in mezzo alle tube lucide e ai grandi cappelli patriarcali di feltro nero, si vedevano spuntare delle cuffiette bianche di contadine valdesi, delle lunghe penne di soldati delle compagnie alpine, dei veli azzurri di signore e di signori, armati di alti bastoni, raccolti a brigatelle, che s’apostrofavano in piemontese e in italiano; poichè a Torre Pellice è il quartier generale degli alpinisti della sezione dell’Alpi Cozie; e il bel quadro aveva da una parte, sull’orlo d’un prato, le macchiette indispensabili di due carabinieri, immobili, che