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pinerolo sotto luigi xiv 3

il piacere di ber l’aria fresca e di ammirare il paese, a Pinerolo si vive miseramente. Se anche non vi fosse l’ombra di uno straniero, la città, con questo cerchio che la strozza, di bastioni, di mezzelune e di controguardie, e con quella enorme cittadella che le rizza sopra la testa i suoi cinque torrioni di malaugurio, non potrebbe essere allegra. Mettici ancora un governatore generale, francese, un luogotenente del re e un comandante del castello, francesi, e uno stato maggiore che non finisce più, e un nuvolo d’ufficiali e di soldati di milizia mobile, francesi; e mi saprai dire come ci si campi. Essi ci detestano e noi li odiamo. Essi ci tengono come vinti e prigionieri, noi li trattiamo da invasori e da giandarmi. Essi fiutano in ogni pinerolese una spia del duca di Savoia; noi temiamo in ciascun di loro un delatore del Saint-Mars. È impossibile farsi un’idea delle angherie a cui siamo soggetti. Di città non s’esce senza un permesso del Governatore; di casa non si può uscire che a quell’ore determinate; per una celia che scappi di bocca all’osteria, si è agguantati e ingabbiati; in ogni valigia di viaggiatore italiano sospettano veleni e pugnali; in ogni pezzo di carta, vedono il disegno della fortezza. E ogni volta che credon di cogliere uno di questi traditori immaginari, è il finimondo: inchieste, minacce, corrieri a Parigi, ammonizioni a Torino, scacciati di città gli italiani che non vi hanno dimora fissa, licenziati dal servizio delle autorità i piemontesi e i savoiardi, visite e inquisizioni in tutti i canti. Puoi esser certo che non si troverebbe in tutta Pinerolo