vides rimase in disparte. Egli aveva inteso le parole e visto l’atto di Evelina. Aveva la mente annebbiata e il sangue sottosopra. Era una di quelle potenti e chiuse nature catalane in cui la passione brucia per molto tempo nascosta come una lunghissima miccia restia, e poi scoppia improvvisamente come una mina. L’impallidire della ragazza al suo arrivo, aggiunto ad altre manifestazioni leggerissime che egli andava rintracciando nella sua memoria, e rimeditando da qualche giorno, gli aveva tolto a tutta prima quasi ogni dubbio sopra una verità ch’egli desiderava ora impetuosamente. Ma quella sua commozione straordinaria, quella sua esaltazione quasi vaneggiante per il Duca di Savoia, lo turbava, lo sgomentava, ricacciandogli nell’animo il sospetto che tutti gl’indizi d’una seconda passione ch’egli aveva creduto di scorgere in lei non fossero veramente che indizi mal compresi della prima. Egli sapeva che quelle ammirazioni entusiastiche per un principe glorioso crescevano qualche volta fino al più ardente amore, nell’anima delle fanciulle. Questo pensiero gli faceva salire delle ondate di foco al cervello. Egli si sentiva nel cuore e nella testa una di quelle tempeste oscure di sentimenti e di idee che precedono le grandi risoluzioni della vita. Seguitava coll’occhio fisso tutti i passi e tutti i gesti di Evelina. Non le era mai parsa, e non era mai stata infatti così ardentemente bella e viva, e riboccante di gioventù, di tenerezza, di forza, di grazia, giù dalle sue grandi treccie d’oro, per la lunga vita flessibile, fino ai piccoli piedi