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emanuele filiberto a pinerolo | 133 |
più santo del tuo. — E così pensando, mentre la fanciulla spariva svoltando in via Porta di Francia, egli sporse leggermente il viso innanzi stringendo le labbra; e quel bacio muto si perdette tra la folla come un fiore invisibile travolto dalle acque d’un torrente.
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Da quel giorno in poi Pinerolo fu in ribollimento come non era più stata dal tempo dei principi d’Acaja. I soldati del Re lasciavano la città giorno per giorno, a un battaglione alla volta; molte famiglie francesi partivano; arrivavano ufficiali e messi del Governo di Torino; venivano frotte di curiosi dai dintorni. Il governatore conte di Piossasco aveva messo mano fin dal primo momento a ordinare la milizia provinciale, istituita da Emanuele Filiberto. Il Consiglio dei venticinque si radunava ogni giorno per provvedere alle feste. Il tempo incalzava: erano già arrivati i furieri della Corte. La città avrebbe voluto fare grandi cose, superare Vercelli che aveva drizzato sul passaggio del Duca cinque archi di trionfo e cento statue. Ma i denari mancavano e le ore erano contate. Fu stabilito che il Consiglio intero, la milizia, gli archibugieri, i personaggi principali della città andassero ad aspettare il Duca al Belvedere. Fu ornato di tappeti e di arazzi il palazzo degli Acaja. Il Consiglio fece fare un grande baldacchino frangiato che doveva essere portato da sei gentiluomini; ordinò vestiti appositi