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emanuele filiberto a pinerolo | 109 |
alla patria, Emanuele Filiberto, non è vero? Tu ti farai restituire la tua città fedele, che non t’ha mai visto, ma che t’ha sempre amato e invocato! Tu ci pensi a noi, tu ci pensasti sempre, tu la vuoi a qualunque prezzo, e la ripiglierai con la spada, se occorre, la tua Pinerolo, non è vero? mio valoroso, mio nobile, mio superbo principe, gloria del nostro sangue e speranza del nostro paese! — Ed era così bella in quell’atto, stretta nella sua veste di lana oscura, con la sua gorgierina di mussola che le s’alzava a ventaglio dietro la nuca, col viso un po’ inclinato sopra una spalla, e così grande e così bionda, che se il duca di Savoia l’avesse vista, avrebbe forse proposto a Margherita di Valois una nuova damigella d’onore.
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Quella sua adorazione per Emanuele Filiberto era il tormento di un suo cugino, Antonio Lombriasco, che faceva le pratiche di notaro nello studio del padre, facendo nello stesso tempo, e con non maggiore profitto, l’occhio pio alla figliola. Il nipote cronista si piglia molto spasso di lui, celiando un poco pesantemente, alla maniera dei novellisti del suo tempo. Lo definisce: “giouine di grosso intendimento e di picolo e poerile animo„ soggiungendo poco dopo “di rideuole aspetto.„ Pare che fosse un mezz’uomo, stentito e vanesio, con un gran naso rincagnato. Persuaso che il duca di Savoia fosse la sola cagione per la quale sua cugina rifiutava come