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il forte di fenestrelle 93

distesa di verzura, che par fatta per la parata d’un esercito, e che nel mese di giugno si smalta tutta di fiori meravigliosi, che le dan l’aspetto d’un immenso tappeto turco, spiegato per un ballo di regine. Dalle due parti della fortezza, i fianchi del monte van giù quasi a picco, irti di pini e di abeti, che s’arrampicano su fino ai piedi delle cortine, come per dar la scalata. Si vedono i villaggi in fondo alla valle grandi come la palma della mano, e popolati di formiche; e il Chisone e la strada, come un nastrino argentato e un nastrino bianco, che serpeggiano un tratto l’uno accanto all’altro, e poi si nascondono fra i monti. Il grande silenzio del luogo era appena turbato dal brontolio fioco del torrente, quasi vergognoso della sua misera vena d’acqua in mezzo a quelle maestose immagini di grandezza e di forza. Le montagne erano già velate qua e là di vaste ombre; dei grandi boschi s’andavano immergendo in una oscurità paurosa; altri, dorati dal sole, trionfavano; e mentre pei villaggi delle gole faceva notte, delle case romite, a grandi altezze, brillavano come accese. Il giorno moriva con un sorriso dolce e malinconico, e in cima a un bel colle a ponente, si disegnava come un piccolo tratto nero sul cielo, la più bella, la più memoranda, la più amata cosa di quante ne abbracciavamo con lo sguardo: il monumento ai morti dell’Assietta.