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68- Simone Aliprandi - Apriti standard! www.standardaperti.it - www.aliprandi.org

semplici procedimenti matematici: algoritmi che il computer applica per interpretare ed elaborare le informazioni contenute nel file, nonché per renderle leggibili e comprensibili all’occhio umano (human readable).

Fin da queste premesse si può rilevare un’analogia di fondo con la definizione di standard: cioè il richiamo dell’idea di “convenzione”.

1.1. Formati “nativi” ed effetti di rete

Se diamo per acquisito che un formato sia frutto di una mera convenzione, possiamo genericamente affermare che la scelta di un formato rispetto ad un altro dipende dal modello che si sceglie di applicare per far corrispondere i bit in versione binaria al file in versione human readable. Tuttavia non sempre la scelta dell’utente sul formato da utilizzare è una scelta pienamente libera e consapevole.

Tendenzialmente, ogni software applicativo, pur potendo utilizzare svariati formati nella gestione e nel salvataggio dei file, è impostato dalla sua casa produttrice per utilizzare prioritariamente un formato che possiamo chiamare “nativo-prioritario”. Si crea così uno stretto legame fra il formato del file e il software utilizzato per leggere il file: un legame spesso indissolubile. Alcuni sostengono che si possa parlare di situazioni in cui il formato è in sostanza identificabile con il relativo software di origine.

Sulla base di equivoci come questo e in virtù dei principi in fatto di economie di rete, non è difficile capire quanto la diffusione di un formato possa fungere da traino per la diffusione del software corrispondente: un’implicazione con ripercussioni enormi nell’economia contemporanea nella quale le aziende più potenti del pianeta sono proprio quelle che realizzano e vendono software (e non formati).

Come tra l’altro sostiene efficacemente Michele Sciabarrà, «uno dei problemi più gravi del software proprietario è la sua tendenza a creare documenti in un formato proprietario, difficilmente accessibile a terzi. I motivi sono commerciali: fidelizzare l’utente perché usi il prodotto e le sue versioni successive, fare in modo che colleghi e collaboratori usino lo stesso prodotto per semplificare lo scambio dei file».1

In definitiva, riuscire ad inoculare la convinzione che formato e software siano due rovesci della stessa medaglia (e quindi siano due realtà inscindibili) porta con sé una serie vastissima di esternalità di rete, da cui è poi difficile emanciparsi.

  1. Sciabarrà M., Il software Open Source e gli standard aperti, Mc Graw Hill, Milano, 2004 (p. 110).