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positivo o negativo) dal numero di altri individui che consumano lo stesso bene (o che lo abbiano acquistato).»1

L’esempio più classico cui si può fare riferimento è quello del telefono, in cui l’utilità di possedere una linea e un apparecchio telefonico è direttamente proporzionale al numero di altri utenti che dispongono della stessa strumentazione (quindi dalla dimensione della rete).2 Che senso avrebbe infatti essere gli unici al mondo ad avere un telefono? A chi potremmo telefonare?

Come vedremo specificamente, in ambito tecnologico è molto facile che, in assenza di regole e di opportuni sistemi di monitoraggio, questi effetti di rete si trasformino in meccanismi di irrigidimento del mercato, fino ad arrivare a veri e propri casi di monopolio, passando per numerosi casi di abuso di posizione dominante.3

In generale, si tenga presente che queste dinamiche, oltre a risultare controproducenti dal punto di vista della libera concorrenza, instaurano meccanismi di lock-in tecnologico, ovvero situazioni che prevedono un costo non marginale a carico di quegli utenti che intendessero passare da una tecnologia all’altra. In molti casi, se non vengono garantiti valori come l’interoperabilità e la neutralità tecnologica, è piuttosto elevato il rischio che l’utente di una tecnologia perda un’ampia fetta della sua possibilità di scelta e si crei una forma di dipendenza da uno specifico fornitore di tecnologia, che tendenzialmente sarà quello che detiene la tecnologia dominante sul mercato.4 Allontanarsi da quella tecnologia per passare ad un’altra comporterà per il singolo utente dei costi (cosiddetti switching costs) troppo

  1. http://it.wikipedia.org/wiki/Economie_di_rete.
  2. «Robert Metcalfe [...] ha fotografato la crescita dell’utilità coniando una legge di particolare interesse, che esprime in modo chiaro il potenziale diffusivo delle tecnologie digitali [...]. La legge di Metcalfe evidenzia che l’utilità che una tecnologia a rete presenta per ogni singolo utente della rete è pari al quadrato del numero di utenti che utilizza quella tecnologia». Verona G., Evoluzione e gestione della tecnologia digitale, in Vicari S. (a cura di), Il management nell’era della connessione, Egea, Milano, 2001.
  3. Si pensi ad esempio alla frequente diffusione di standard de facto come risultato di una precisa strategia commerciale: altro aspetto che avremo modo di approfondire più avanti.
  4. Si legga anche l’interessante riflessione di Francesca Martini a proposito del modello free software/open source e dei virtuosi effetti di rete che esso può innescare: «È un modello che favorisce il progresso tecnologico, poiché incentiva la trasformazione e l’implementazione degli elementi già esistenti e liberamente disponibili e si caratterizza per i cosiddetti effetti a rete [...]. È su questo piano che ha progressivamente scalzato la tendenza alla standardizzazione fino ad oggi generata dai modelli di diffusione del software proprietario che hanno fortemente ristretto la concorrenza sui mercati sfruttando il diritto di proprietà intellettuale in chiave protezionistica. La libera disponibilità del programma modificabile e utilizzabile da chiunque incentiva i produttori di programmi ad interagire e a migliorare il prodotto, può essere uno strumento di differenziazione delle imprese e, in ultima analisi, può svolgere un’importante funzione pro-concorrenziale. Martini F., Open Source, pubblica amministrazione e libero mercato concorrenziale, in Il diritto dell’economia, 3/4-2009, p. 686.»