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146 DE VULGARI ELOQUENTIA.


mus, etc.» Il prelodato Critico di Strasburgo, ravvisando che «Nam» qui non gioverebbe a determinare la relazione con quello che precede, credette si fosse scambiato con oc «Jam;» ed invece le cose susseguenti ci obbligano a scrivere «Primum» per collegamento dell’espressa sentenza.

26. In quantum ut homines Latini agimus, etc. Or qui il Volgarizzamento del Trissino, anzichè spiegare, di più in più, vien avviluppando il concetto dell’Autore. E chi potrebbe ritrarlo da queste incerte e confuse parole? In quello che come uomini Italiani facciamo, avemo le cose semplicissime. Adunque, se le azioni Italiane s’hanno a misurare e ponderare con gli costumi e con gli abiti, quelle delle azioni Italiane sono semplicissime, ec. Sì grave errore si chiarì al Torri, che indi seppe opportunamente correggere il Testo al modo, cui non dubitai punto di conformarmi.

29. Quæ quidem nohilissima sunt earum, quæ Latinorum sunt, actionum, hæc nullius civitatis Italiæ propria sunt, sed in omnibus communia sunt. Degno di molta considerazione è ciò che al presente ci si fa intendere, dappoichè al nostro Poeta non dimostravansi veri Italiani, se non coloro, in cui risplendessero nella maniera più nobile quelle azioni specialmente proprie degl’Italiani. E però che queste si riferiscono ai costumi, alle abitudini ed al parlare, quindi si deduce ch’egli non riconoscesse Italiani davvero fuorchè que’ Popoli, nobilissimi in siffatte azioni. Nè quindi ci reca meraviglia, che non abbia fra noi ravvisata alcuna Cittadinanza, che fosse così perfetta di costumi e di abitudini, non dico, ma che almeno nella loquela manifestasse quel singolar pregio, da poterla mettere in onore come posseditrice del Volgare Illustre. Questa Lingua pertanto, che l’Allighieri cercò a grande ed amoroso studio, e potè ritrovarla per ingegno ed arte, non è già tale che dovesse e potesse udirsi parlata volgarmente in tutta Italia. Ma bensì è quella più eletta che, senz’essere disforme dal Volgare patrio e dall’uso allora moderno, si porgeva meglio conveniente all’alto e nobilissimo Stile, prescelto da quegl’Italiani che nel dettare Canzoni sapevano commisurar l’arte e la parola alla sublime dignità delle cose