Con quel furore e con quella tempesta
ch’escono i cani a dosso al poverello 69che di subito chiede ove s’arresta,
usciron quei di sotto al ponticello,
e porser contra lui tutt’i runcigli; 72ma el gridò: «Nessun di voi sia fello!
Innanzi che l’uncin vostro mi pigli,
traggasi avante l’un di voi che m’oda, 75e poi d’arruncigliarmi si consigli».
Tutti gridaron: «Vada Malacoda!»
per ch’un si mosse, e li altri stetter fermi, 78e venne a lui dicendo: «Che li approda?»
«Credi tu, Malacoda, qui vedermi
esser venuto» disse ’l mio maestro 81«sicuro giá da tutti vostri schermi,
senza voler divino e fato destro?
Lascian’ andar, ché nel cielo è voluto 84ch’i’ mostri altrui questo cammin silvestro».
Allor li fu l’orgoglio sí caduto,
che si lasciò cascar l’uncino a’ piedi, 87e disse a li altri: «Omai non sia feruto».
E ’l duca mio a me: «O tu che siedi
tra li scheggion del ponte quatto quatto, 90sicuramente omai a me tu riedi».
Per ch’io mi mossi, e a lui venni ratto;
e i diavoli si fecer tutti avanti, 93sí ch’io temetti ch’ei tenesser patto:
cosí vid’io giá temer li fanti
ch’uscivan patteggiati di Caprona, 96veggendo sé tra nemici cotanti.
I’ m’accostai con tutta la persona
lungo ’l mio duca, e non torceva li occhi 99da la sembianza lor ch’era non bona.
Ei chinavan li raffi e «Vuo’ che ’l tocchi»
diceva l’un con l’altro «in sul groppone?» 102E rispondien: «Sí, fa che liele accocchi!»