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inferno - canto xvii 75

     Come la navicella esce di loco
in dietro in dietro, sí quindi si tolse:
102e poi ch’al tutto si sentí a gioco,
     lá ’v’era il petto, la coda rivolse,
e quella tesa, come anguilla, mosse,
105e con le branche l’aere a sé raccolse.
     Maggior paura non credo che fosse
quando Fetòn abbandonò li freni,
108per che ’l ciel, come pare ancor, si cosse;
     né quando Icaro misero le reni
sentí spennar per la scaldata cera,
111gridando il padre a lui: ‛ Mala via tieni! ’,
     che fu la mia, quando vidi ch’i’ era
ne l’aere d’ogni parte, e vidi spenta
114ogni veduta, fuor che de la fèra.
     Ella sen va notando lenta lenta,
rota e discende, ma non me n’accorgo
117se non ch’al viso e di sotto mi venta.
     Io sentia giá da la man destra il gorgo
far sotto noi un orribile scroscio,
120per che con gli occhi ’n giú la testa sporgo:
     allor fu’ io piú timido a lo scoscio,
però ch’i’ vidi fuochi e senti’ pianti,
123ond’io tremando tutto mi raccoscio;
     e vidi poi, ché nol vedea davanti,
lo scendere e ’l girar, per li gran mali
126che s’appressavan da diversi canti.
     Come ’l falcon ch'è stato assai su l’ali,
che senza veder logoro o uccello
129fa dire al falconiere ‛ Oh me, tu cali! ’,
     discende lasso onde si mosse snello,
per cento rote, e da lunge si pone
132dal suo maestro, disdegnoso e fello;
     cosí ne pose al fondo Gerione
al piè al piè de la stagliata ròcca
135e, discarcate le nostre persone,
     si dileguò come da corda cocca.