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inferno - canto xvi 71

     rimbomba lá sovra San Benedetto
de l’Alpe per cadere a una scesa
102ove dovría per mille esser recetto;
     cosí, giú d’una ripa discoscesa,
trovammo risonar quell’acqua tinta,
105sí che ’n poc’ora avría l’orecchia offesa.
     Io aveva una corda intorno cinta,
e con essa pensai alcuna volta
108prender la lonza a la pelle dipinta:
     poscia che l’ebbi tutta da me sciolta,
sí come ’l duca m’avea comandato,
111porsila a lui aggroppata e ravvolta;
     ond’ei si volse inver lo destro lato,
e alquanto di lunge da la sponda
114la gittò giuso in quell’alto burrato.
     «E’ pur convien che novitá risponda»
dicea fra me medesmo «al novo cenno
117che ’l maestro con l’occhio sí seconda».
     Ahi quanto cauti li uomini esser denno
presso a color che non veggion pur l’ovra,
120ma per entro i pensier miran col senno!
     El disse a me: «Tosto verrá di sovra
ciò ch’io attendo, e che il tuo pensier sogna
123tosto convien ch’al tuo viso si scovra».
     Sempre a quel ver c’ha faccia di menzogna,
de’ l’uom chiuder le labbra fin ch’el puote,
126però che senza colpa fa vergogna:
     ma qui tacer nol posso; e per le note
di questa comedia, lettor, ti giuro,
129s’elle non sien di lunga grazia vòte,
     ch’i’ vidi per quell’aere grosso e scuro
venir notando una figura in suso,
132maravigliosa ad ogni cor sicuro,
     sí come torna colui che va giuso
talora a solver l’áncora ch’aggrappa
135o scoglio o altro che nel mare è chiuso,
     che ’n su si stende, e da piè si rattrappa.