Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
CANTO XVI
Giá era in loco onde s’udía ’l rimbombo
de l’acqua che cadea ne l’altro giro,
3simile a quel che l’arnie fanno rombo,
quando tre ombre insieme si partiro,
correndo, d’una torma che passava
6sotto la pioggia de l’aspro martiro.
Venían ver noi, e ciascuna gridava:
«Sóstati tu ch’a l’abito ne sembri
9essere alcun di nostra terra prava».
Ahimè, che piaghe vidi ne’ lor membri,
ricenti e vecchie, da le fiamme incese!
12ancor men duol, pur ch’i’ me ne rimembri.
A le lor grida il mio dottor s’attese;
volse ’l viso ver me, e disse: «Aspetta:
15a costor si vuol essere cortese.
E se non fosse il foco che saetta
la natura del loco, i’ dicerei
18che meglio stesse a te che a lor la fretta».
Ricominciar, com noi restammo, ei
l’antico verso; e quando a noi fur giunti,
21fenno una rota di sé tutti e trei,
qual sogliono i campion far nudi e unti,
avvisando lor presa e lor vantaggio,
24prima che sien tra lor battuti e punti;
e sí rotando, ciascuno il visaggio
drizzava a me, sí che ’n contrario il collo
27faceva ai piè continuo viaggio.