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che vi spese fatiche e sacrifici veramente grandi; cui segue l’inglese E. Moore, che allargò e perfezionò le ricerche e le chiarí con rigore1.

Ma dalla istituzione in poi della Societá dantesca italiana (1889), che si propose come suo compito principale l’edizione critica delle opere di Dante, tutto il lavoro fatto prima, e tanto altro promosso o direttamente eseguito poi, fa capo ad essa: lavoro vasto, metodico, paziente e diligente sino allo scrupolo, di cui soltanto in parte si possono seguire le direttive ne’ suoi organi: il Bullettino (1890-1921), e gli Studi danteschi diretti da M. Barbi (1920... ora al vol. XVI).

La grande edizione documentaria che dia lo spoglio delle varianti, spieghi il processo, giustifichi i risultati, è oggi nuovamente annunziata prossima in quattro volumi. Intanto ne tiene il posto provvisorio quella inserita nel bel volume italiano Le opere di Dante, Firenze, Bemporad, 1921, anno del secentenario.

Giuseppe Vandelli, che ha curato la Commedia, vi ha certamente assommato il lavoro piú ampio, organico e disciplinato che sia stato fatto su quel testo; ma gli studiosi non possono ancora ripercorrerlo, per la loro esperienza. Sul punto principale, ch’è l’aggruppamento dei codici e la possibilitá o meno di risalire all’originale, di ricostruirlo in pieno, la conclusione del Vandelli è negativa2, e perciò non disforme da quella espressa dal Witte e spiegata dal Moore, che dimostrò che i caratteri e le relazioni dei manoscritti cambiano da parte a parte, interferiscono.

Si possono però ricostruire i «tipi correnti ne’ tempi piú prossimi alla divulgazione del Poema»; e questa è stata l’insigne fatica dell’operoso dantista, che auguriamo diventi presto apprezzabile da tutti nella sua vastitá, come venga pubblicata.

Un compenso l’ha offerto un’altra edizione uscita in certo modo dalla stessa officina della Societá dantesca italiana, largamente partecipante di quei mezzi organizzati di studio e condotta con sicura e fresca energia: quella di Mario Casella (Bologna, Zanichelli, 1924). Una rapida prefazione addita appunto due principali tradizioni, e

  1. Contributions to the textual criticism of the D. C., Cambridge, 1889.
  2. Vedi la Prefazione del Barbi al vol. citato; e queste parole del Vandelli in Studi danteschi, V, 97 sg.: «La formazione di una vera e propria, cioè precisa e intera, genealogia degli esemplari superstiti della D. C., per la quale risalire con quasi matematica sicurezza all’originale comune, non è possibile».