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paradiso - canto xxx 451

     Lume è lá su, che visibile face
lo creatore a quella creatura
102che solo in lui vedere ha la sua pace;
     e si distende in circular figura,
in tanto che la sua circunferenza
105sarebbe al sol troppo larga cintura.
     Fassi di raggio tutta sua parvenza
reflesso al sommo del mobile primo,
108che prende quindi vivere e potenza.
     E come clivo in acqua di suo imo
si specchia, quasi per vedersi adorno,
111quando è nel verde e ne’ fioretti opimo;
     sí, soprastando al lume, intorno intorno
vidi specchiarsi in piú di mille soglie
114quanto di noi lá su fatto ha ritorno.
     E se l’infimo grado in sé raccoglie
sí grande lume, quanta è la larghezza
117di questa rosa ne l’estreme foglie!
     La vista mia ne l’ampio e ne l’altezza
non si smarriva, ma tutto prendeva
120il quanto e ’l quale di quella allegrezza:
     presso e lontano, lí, né pon né leva;
ché dove Dio senza mezzo governa,
123la legge natural nulla rileva.
     Nel giallo de la rosa sempiterna,
che si dilata ed ingrada, e redole
126odor di lode al sol che sempre verna,
     qual è colui che tace e dicer vuole,
mi trasse Beatrice, e disse: «Mira
129quanto è ’l convento de le bianche stole,
     vedi nostra cittá quant’ella gira!
vedi li nostri scanni sí ripieni,
132che poca gente piú ci si disira!
     E ’n quel gran seggio, a che tu li occhi tieni
per la corona che giá v’è su posta,
135prima che tu a queste nozze ceni,