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442 la divina commedia

     Quelli altri amor che dintorno li vonno,
si chiaman Troni del divino aspetto,
105per che ’l primo ternaro terminonno.
     E déi saper che tutti hanno diletto
quanto la sua veduta si profonda
108nel vero, in che si queta ogni intelletto.
     Quinci si può veder come si fonda
l’esser beato ne l’atto che vede,
111non in quel ch’ama, che poscia seconda;
     e del vedere è misura mercede,
che grazia partorisce e buona voglia:
114cosí di grado in grado si procede.
     L’altro ternaro, che cosí germoglia
in questa primavera sempiterna
117che notturno Ariete non dispoglia,
     perpetualemente ‘ Osanna ’ isberna
con tre melode, che suonano in tree
120ordini di letizia onde s’interna.
     In essa gerarcia son l’altre dee:
prima Dominazioni, e poi Virtudi;
123l’ordine terzo di Podestadi èe.
     Poscia ne’ due penultimi tripudi
Principati e Arcangeli si girano;
126l’ultimo è tutto d’Angelici ludi.
     Questi ordini di su tutti s’ammirano,
e di giú vincon sí, che verso Dio
129tutti tirati sono, e tutti tirano.
     E Dionisio con tanto disio
a contemplar questi ordini si mise,
132che li nomò e distinse com’io.
     Ma Gregorio da lui poi si divise;
onde, sí tosto come li occhi aperse
135in questo ciel, di se medesmo rise.
     E se tanto secreto ver proferse
mortale in terra, non voglio ch’ammiri;
138ché chi ’l vide qua su liel discoperse
     con altro assai del ver di questi giri».