Le fronde onde s’infronda tutto l’orto
de l’ortolano eterno, am’io cotanto 66quanto da lui a lor di bene è porto».
Sí com’io tacqui, un dolcissimo canto
risonò per lo cielo, e la mia donna 69dicea con li altri: «Santo, santo, santo!»
E come a lume acuto si dissonna
per lo spirto visivo che ricorre 72a lo splendor che va di gonna in gonna,
e lo svegliato ciò che vede aborre,
sí nescia è la súbita vigilia 75fin che la stimativa non soccorre;
cosí de li occhi miei ogni quisquilia
fugò Beatrice col raggio de’ suoi, 78che rifulgea da piú di mille milia:
onde mei che dinanzi vidi poi;
e quasi stupefatto domandai 81d’un quarto lume ch’io vidi con noi.
E la mia donna: «Dentro da quei rai
vagheggia il suo fattor l’anima prima 84che la prima virtú creasse mai».
Come la fronda, che flette la cima
nel transito del vento, e poi si leva 87per la propria virtú che la sublima,
fec’io in tanto in quant’ella diceva,
stupendo, e poi mi rifece sicuro 90un disio di parlare ond’io ardeva;
e cominciai: «O pomo che maturo
solo prodotto fosti, o padre antico 93a cui ciascuna sposa è figlia e nuro,
divoto quanto posso a te supplíco
perché mi parli: tu vedi mia voglia, 96e, per udirti tosto, non la dico».
Tal volta un animal coverto broglia,
sí che l’affetto convien che si paia 99per lo seguir che face a lui la ’nvoglia;