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426 la divina commedia

     fa risonar la spene in questa altezza:
tu sai, che tante fiate la figuri,
33quante Iesú ai tre fe’ piú carezza».
     «Leva la testa e fa che t’assicuri;
ché ciò che vien qua su del mortal mondo,
36convien ch’ai nostri raggi si maturi».
     Questo conforto del foco secondo
mi venne; ond’io levai li occhi a’ monti
39che li ’ncurvaron pria col troppo pondo.
     «Poi che per grazia vuol che tu t’affronti
lo nostro imperadore, anzi la morte,
42ne l’aula piú secreta co’ suoi conti,
     sí che, veduto il ver di questa corte,
la spene, che lá giú bene innamora,
45in te ed in altrui di ciò conforte,
     dí quel ch’ell’è, e come se ne’ nfiora
la mente tua, e dí onde a te venne».
48Cosí seguí ’l secondo lume ancora.
     E quella pia che guidò le penne
de le mie ali a cosí alto volo,
51a la risposta cosí mi prevenne:
     «La Chiesa militante alcun figliuolo
non ha con piú speranza, com’è scritto
54nel sol che raggia tutto nostro stuolo:
     però li è conceduto che d’Egitto
vegna in Ierusalemme per vedere,
57anzi che ’l militar li sia prescritto.
     Li altri due punti, che non per sapere
son dimandati, ma perch’ei rapporti
60quanto questa virtú t’è in piacere,
     a lui lasc’io, ché non li saran forti
né di iattanzia; ed elli a ciò risponda,
63e la grazia di Dio ciò li comporti».
     Come discente ch’a dottor seconda,
pronto e libente, in quel ch’elli è esperto,
66perché la sua bontá si disasconda,