non mi lasciar» diss’io «cosí disfatto;
e se ’l passar piú oltre ci è negato, 102ritroviam l’orme nostre insieme ratto».
E quel signor che lí m’avea menato,
mi disse: «Non temer, ché ’l nostro passo 105non ci può tòrre alcun: da tal n’è dato.
Ma qui m’attendi, e lo spirito lasso
conforta e ciba di speranza bona, 108ch’i’ non ti lascerò nel mondo basso».
Cosí sen va, e quivi m’abbandona
lo dolce padre; e io rimango in forse, 111che no e sí nel capo mi tenzona.
Udir non potti quello ch’a lor porse;
ma ei non stette lá con essi guari, 114che ciascun dentro a prova si ricorse.
Chiuser le porte que’ nostri avversari
nel petto al mio signor, che fuor rimase 117e rivolsesi a me con passi rari.
Li occhi a la terra e le ciglia avea rase
d’ogni baldanza, e dicea ne’ sospiri: 120«Chi m’ha negate le dolenti case!»
E a me disse: «Tu, perch’io m’adiri,
non sbigottir, ch’io vincerò la prova, 123qual ch’a la difension dentro s’aggiri.
Questa lor tracotanza non è nova;
ché giá l’usaro a men secreta porta, 126la qual senza serrarne ancor si trova.
Sopr’essa vedestú la scritta morta:
e giá di qua da lei discende l’erta, 129passando per li cerchi senza scorta,
tal che per lui ne fia la terra aperta».