«Io sono amore angelico, che giro
l’alta letizia che spira del ventre 105che fu albergo del nostro disiro;
e girerommi, donna del ciel, mentre
che seguirai tuo figlio, e farai dia 108che piú la spera suprema perché li entre».
Cosí la circulata melodia
si sigillava, e tutti li altri lumi 111facean sonare il nome di Maria.
Lo real manto di tutti i volumi
del mondo, che piú ferve e piú s’avviva 114ne l’alito di Dio e nei costumi,
avea sopra di noi l’interna riva
tanto distante, che la sua parvenza, 117lá dov’io era, ancor non appariva:
però non ebber li occhi miei potenza
di seguitar la coronata fiamma 120che si levò appresso sua semenza.
E come fantolin che ’nver la mamma
tende le braccia, poi che ’l latte prese, 123per l’animo che ’nfin di fuor s’infiamma;
ciascun di quei candori in su si stese
con la sua fiamma, sí che l’alto affetto 126ch’elli avíeno a Maria mi fu palese.
Indi rimaser lí nel mio cospetto,
‛ Regina coeli ’ cantando sí dolce, 129che mai da me non si partí ’l diletto.
Oh quanta è l’ubertá che si soffolce
in quelle arche ricchissime, che foro 132a seminar qua giú buone bobolce!
Quivi si vive e gode del tesoro
che s’acquistò piangendo ne lo esilio 135di Babilòn, ove si lasciò l’oro;
quivi triunfa, sotto l’alto filio
di Dio e di Maria, di sua vittoria, 138e con l’antico e col novo concilio,
colui che tien le chiavi di tal gloria.