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paradiso - canto xxii 415

     e quel consiglio per migliore approbo
che l’ha per meno; e chi ad altro pensa
138chiamar si puote veramente probo.
     Vidi la figlia di Latona incensa
senza quell’ombra che mi fu cagione
141per che giá la credetti rara e densa.
     L’aspetto del tuo nato, Iperione,
quivi sostenni, e vidi com si move
144circa e vicino a lui, Maia e Dione.
     Quindi m’apparse il temperar di Giove
tra ’l padre e ’l figlio; e quindi mi fu chiaro
147il variar che fanno di lor dove.
     E tutti e sette mi si dimostraro
quanto son grandi, e quanto son veloci,
150e come sono in distante riparo.
     L’aiuola che ci fa tanto feroci,
volgendom’ io con li eterni Gemelli,
153tutta m’apparve da’ colli a le foci.
     Poscia rivolsi li occhi a li occhi belli.