La dolce donna dietro a lor mi pinse
con un sol cenno su per quella scala, 102sí sua virtú la mia natura vinse;
né mai qua giú, dove si monta e cala
naturalmente, fu sí ratto moto, 105ch’agguagliar si potesse a la mia ala.
S’io torni mai, lettore, a quel divoto
triunfo per lo quale io piango spesso 108le mie peccata e ’l petto mi percuoto,
tu non avresti in tanto tratto e messo
nel foco il dito, in quant’io vidi ’l segno 111che segue il Tauro e fui dentro da esso.
O gloriose stelle, o lume pregno
di gran virtú, dal quale io riconosco 114tutto, qual che si sia, il mio ingegno,
con voi nasceva e s’ascondeva vosco
quegli ch’è padre d’ogni mortal vita, 117quand’io senti’ di prima l’aere tosco;
e poi, quando mi fu grazia largita
d’entrar ne l’alta rota che vi gira, 120la vostra region mi fu sortita.
A voi divotamente ora sospira
l’anima mia, per acquistar virtute 123al passo forte che a sé la tira.
«Tu se’ si presso a l’ultima salute,»
cominciò Beatrice «che tu déi 126aver le luci tue chiare e acute;
e però, prima che tu piú t’inlei,
rimira in giú, e vedi quanto mondo 129sotto li piedi giá esser ti fei;
sí che ’l tuo cor, quantunque può, giocondo
s’appresenti a la turba triunfante 132che lieta vien per questo ètera tondo».
Col viso ritornai per tutte quante
le sette spere, e vidi questo globo 135tal, ch’io sorrisi del suo vil sembiante;