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paradiso - canto xxii 413

     ivi è perfetta, matura ed intera
ciascuna disianza; in quella sola
66è ogni parte lá dove sempr’era,
     perché non è in loco, e non s’impola;
e nostra scala infino ad essa varca,
69onde cosí dal viso ti s’invola.
     Infin lá su la vide il patriarca
Iacob porgere la superna parte,
72quando li apparve d’angeli sí carca.
     Ma, per salirla, mo nessun diparte
da terra i piedi, e la regola mia
75rimasa è giú per danno de le carte.
     Le mura che solieno esser badia
fatte sono spelonche, e le cocolle
78sacca son piene di farina ria!
     Ma grave usura tanto non si tolle
contra ’l piacer di Dio, quanto quel frutto
81che fa il cor de’ monaci sí folle:
     ché quantunque la Chiesa guarda, tutto
è de la gente che per Dio dimanda;
84non di parenti, né d’altro piú brutto.
     La carne de’ mortali è tanto blanda,
che giú non basta buon cominciamento
87dal nascer de la quercia al far la ghianda.
     Pier cominciò senz’oro e senz’argento,
e io con orazione e con digiuno,
90e Francesco umilmente il suo convento:
     e se guardi il principio di ciascuno,
poscia riguardi lá dov’è trascorso,
93tu vederai del bianco fatto bruno.
     Veramente Iordan vòlto retrorso
piú fu, e ’l mar fuggir, quando Dio volse,
96mirabile a veder che qui ’l soccorso».
     Cosí mi disse, e indi si ricolse
al suo collegio, e ’l collegio si strinse;
99poi, come turbo, in su tutto s’accolse.