La mente, che qui luce, in terra fumma;
onde riguarda come può lá giúe 102quel che non puote perché ’l ciel l’assumma».
Sí mi prescrisser le parole sue,
ch’io lasciai la quistione, e mi ritrassi 105a dimandarla umilmente chi fue.
«Tra’ due liti d’Italia surgon sassi,
e non molto distanti a la tua patria, 108tanto, che’ tuoni assai suonan piú bassi,
e fanno un gibbo che si chiama Catria,
di sotto al quale è consecrato un ermo, 111che suole esser disposto a sola latria».
Cosí ricominciommi il terzo sermo;
e poi, continuando, disse: «Quivi 114al servigio di Dio mi fe’ sí fermo,
che pur con cibi di liquor d’ulivi
lievemente passava caldi e geli, 117contento ne’ pensier contemplativi.
Render solea quel chiostro a questi cieli
fertilemente; e ora è fatto vano, 120sí che tosto convien che si riveli.
In quel loco fu’ io Pietro Damiano,
e Pietro Peccator fui ne la casa 123di Nostra Donna in sul lito adriano.
Poca vita mortal m’era rimasa,
quando fui chiesto e tratto a quel cappello 126che pur di male in peggio si travasa.
Venne Cefás e venne il gran vasello
de lo Spirito Santo, magri e scalzi, 129prendendo il cibo da qualunque ostello:
or voglion quinci e quindi chi i rincalzi
li moderni pastori, e chi li meni, 132tanto son gravi! e chi di retro li alzi;
cuopron de’ manti loro i palafreni,
sí che due bestie van sott’una pelle: 135oh pazienza che tanto sostieni!»