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388 la divina commedia

     Cosí diss’io a quella luce stessa
che pria m’avea parlato; e come volle
30Beatrice, fu la mia voglia confessa.
     Né per ambage, in che la gente folle
giá s’inviscava pria che fosse anciso
33l’Agnel di Dio che le peccata tolle,
     ma per chiare parole, e con preciso
latin rispose quello amor paterno,
36chiuso e parvente del suo proprio riso:
     «La contingenza, che fuor del quaderno
de la vostra materia non si stende,
39tutta è dipinta nel cospetto eterno:
     necessitá però quindi non prende
se non come dal viso in che si specchia
42nave che per corrente giú discende.
     Da indi, sí come viene ad orecchia
dolce armonia da organo, mi viene
45a vista il tempo che ti s’apparecchia.
     Qual si partí Ippolito d’Atene
per la spietata e perfida noverca,
48tal di Fiorenza partir ti conviene:
     questo si vuole, e questo giá si cerca,
e tosto verrá fatto a chi ciò pensa
51lá dove Cristo tutto dí si merca.
     La colpa seguirá la parte offensa
in grido, come suol; ma la vendetta
54fia testimonio al ver che la dispensa.
     Tu lascerai ogni cosa diletta
piú caramente; e questo è quello strale
57che l’arco de lo esilio pria saetta.
     Tu proverai sí come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
60lo scendere e ’l salir per l’altrui scale.
     E quel che piú ti graverá le spalle,
sará la compagnia malvagia e scempia
63con la qual tu cadrai in questa valle;