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384 la divina commedia

     saríesi Montemurlo ancor de’ Conti;
saríeno i Cerchi nel piovier d’Acone,
66e forse in Valdigrieve i Bondelmonti.
     Sempre la confusion de le persone
principio fu del mal de la cittade,
69come del vostro il cibo che s’appone;
     e cieco toro piú avaccio cade
che ’l cieco agnello; e molte volte taglia
72piú e meglio una che le cinque spade.
     Se tu riguardi Luni e Urbisaglia
come sono ite, e come se ne vanno
75di retro ad esse Chiusi e Sinigaglia,
     udir come le schiatte si disfanno
non ti parrá nova cosa né forte,
78poscia che le cittadi termine hanno.
     Le vostre cose tutte hanno lor morte,
sí come voi; ma celasi in alcuna
81che dura molto, e le vite son corte.
     E come ’l volger del ciel de la luna
cuopre e discuopre i liti senza posa,
84cosí fa di Fiorenza la fortuna:
     per che non dée parer mirabil cosa
ciò ch’io dirò de li alti Fiorentini
87onde è la fama nel tempo nascosa.
     Io vidi li Ughi, e vidi i Catellini,
Filippi, Greci, Ormanni e Alberichi,
90giá nel calare, illustri cittadini;
     e vidi, cosí grandi come antichi,
con quel de la Sannella, quel de l’Arca,
93e Soldanieri e Ardinghi e Bostichi.
     Sovra la porta ch’al presente è carca
di nova fellonia di tanto peso
96che tosto fia iattura de la barca,
     erano i Ravignani, ond’è disceso
il conte Guido, e qualunque del nome
99de l’alto Bellincione ha poscia preso.