Noi ricidemmo il cerchio a l’altra riva
sovr’una fonte che bolle, e riversa 102per un fossato che da lei deriva.
L’acqua era buia assai piú che persa;
e noi, in compagnia de l’onde bige, 105entrammo giú per una via diversa.
In la palude va c’ha nome Stige
questo tristo ruscel, quand’è disceso 108al piè de le maligne piagge grige.
E io, che di mirare stava inteso,
vidi genti fangose in quel pantano, 111ignude tutte, con sembiante offeso.
Questi si percotean non pur con mano,
ma con la testa e col petto e coi piedi, 114troncandosi co’ denti a brano a brano.
Lo buon maestro disse: «Figlio, or vedi
l'anime di color cui vinse l’ira; 117e anche vo’ che tu per certo credi
che sotto l’acqua ha gente che sospira,
e fanno pullular quest’acqua al summo, 120come l’occhio ti dice, u’ che s’aggira.
Fitti nel limo, dicon: ‘ Tristi fummo
ne l’aere dolce che dal sol s’allegra, 123portando dentro accidioso fummo:
or ci attristiam ne la belletta negra ’.
Quest’inno si gorgoglian ne la strozza, 126ché dir nol posson con parola integra».
Cosí girammo de la lorda pozza
grand’arco tra la ripa secca e ’l mézzo, 129con li occhi vòlti a chi del fango ingozza:
venimmo al piè d’una torre al da sezzo.