ma perché ’l sacro amore in che io veglio
con perpetua vista e che m’asseta 66di dolce disiar, s’adempia meglio,
la voce tua sicura, balda e lieta
suoni la volontá, suoni ’l disio, 69a che la mia risposta è giá decreta!»
Io mi volsi a Beatrice; e quella udío
pria ch’io parlassi, e arrisemi un cenno 72che fece crescer l’ali al voler mio.
Poi cominciai cosí: «L’affetto e ’l senno,
come la prima equalitá v’apparse, 75d’un peso per ciascun di voi si fenno;
però che ’l sol che v’allumò e arse
col caldo e con la luce, è sí iguali, 78che tutte simiglianze sono scarse.
Ma voglia ed argomento ne’ mortali,
per la cagion ch’a voi è manifesta, 81diversamente son pennuti in ali:
ond’io, che son mortal, mi sento in questa
disagguaglianza, e però non ringrazio 84se non col core a la paterna festa.
Ben supplico io a te, vivo topazio
che questa gioia preziosa ingemmi, 87perché mi facci del tuo nome sazio».
«O fronda mia in che io compiacemmi
pur aspettando, io fui la tua radice»: 90cotal principio, rispondendo, femmi.
Poscia mi disse: «Quel da cui si dice
tua cognazione, e che cent’anni e piúe 93girato ha il monte in la prima cornice,
mio figlio fu e tuo bisavol fue;
ben si convien che la lunga fatica 96tu li raccorci con l’opere tue.
Fiorenza dentro da la cerchia antica,
ond’ella toglie ancora e terza e nona, 99sostava in pace, sobria e pudica.